
La valorizzazione del principio espresso dalla Suprema corte nella Cassazione n. 3015 del 2017 ( Titolo ? )
In entrambi i provvedimenti, la Cassazione richiama il principio espresso Cassazione n. 3015 del 2017: «a giustificare l’attribuzione dell’assegno non è, quindi, di per sé, lo squilibrio o il divario tra le condizioni reddituali delle parti, all’epoca del divorzio, né il peggioramento delle condizioni del coniuge richiedente l’assegno rispetto alla situazione (o al tenore) di vita matrimoniale, ma la mancanza della “indipendenza o autosufficienza economica” di uno dei coniugi, intesa come impossibilità di condurre con i propri mezzi un’esistenza economicamente autonoma e dignitosa. Quest’ultimo parametro va apprezzato con la necessaria elasticità e l’opportuna considerazione dei bisogni del richiedente l’assegno, considerato come persona singola e non come ex coniuge, ma pur sempre inserita nel contesto sociale. Per determinare la soglia dell’indipendenza economica occorrerà avere riguardo alle indicazioni provenienti, nel momento storico determinato, dalla coscienza collettiva e, dunque, né bloccata alla soglia della pura sopravvivenza né eccedente il livello della normalità, quale, nei casi singoli, da questa coscienza configurata e di cui il giudice deve farsi interprete, ad essa rapportando, senza fughe, le proprie scelte valutative, in un ambito necessariamente duttile, ma non arbitrariamente dilatabile».
Può dirsi ormai scontato il principio per il quale il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge (cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa) richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante (e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive) e non faccia più riferimento alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale che per oltre venticinque anni ha compromesso la reale funzione dell’assegno, nonostante la legge non ne parli, piegandosi alle invenzioni pretorie.
L’assegno divorzile mira a compensare lo squilibrio tra la condizione dei coniugi, conseguente alla crisi del matrimonio e tenuto conto del ruolo ricoperto e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole nella formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi; dovendosi considerare, in particolare, le aspettative professionali sacrificate dal coniuge debole per dedicarsi alla cura della famiglia (cfr. Cassazione, 18 ottobre 2019, n. 26594).
Quantificazione del giudice e applicazione del principio della Cassazione
In applicazione di tale principio, il giudice di merito deve quantificare l’assegno rapportandolo, dunque, non al pregresso tenore di vita familiare, ma in quella misura adeguata innanzitutto a garantire, in funzione assistenziale, l’indipendenza economica del coniuge non autosufficiente (intendendo l’autosufficienza in una accezione non circoscritta alla pura sopravvivenza) ed inoltre, ove ne ricorrano i presupposti, a compensare il coniuge economicamente più debole, in funzione perequativo-compensativa, del sacrificio sopportato per aver rinunciato, in funzione della contribuzione ai bisogni della famiglia, a realistiche occasioni professionali-reddituali, attuali o potenziali, rimanendo in ciò assorbito, in tal caso, l’eventuale profilo assistenziale (v. Cass., 9 agosto 2019, n. 21228).
Il concetto di “indipendenza economica” del coniuge richiedente l’assegno, baricentro della sentenza n. 11504/2017, e la cui incidenza ai lettori della “sentenza Lamorgese” sembrava rinnegare o quantomeno sottovalutare proprio quella “comune esperienza di vita e interessi”, che è il cuore del rapporto matrimoniale e, quindi, di riflesso, anche del suo scioglimento, non è superato dalle Sezioni Unite del 2018, ma viene recuperato in un ottica solidaristica.
La Suprema Corte (I Sezione della Cassazione il 9 agosto 2021 n. 22499 e n. 22537) è intervenuta nuovamente in ordine ai criteri di determinazione dell’assegno divorzile.
La determinazione dell’assegno deve avvenire considerando le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno o di quello comune, il reddito di entrambi e, valutati tutti gli elementi elencati, anche in rapporto alla durata del matrimonio.
Nonostante la chiarezza del dato normativo anche dopo la nota sentenza 18287 delle sezioni Unite del luglio 2018, i criteri finalizzati all’accertamento della sussistenza del diritto all’assegno divorzile e alla sua quantificazione continuano ad impegnare la giurisprudenza di legittimità, e le due ordinanze rese dalla I Sezione della Cassazione il 9 agosto 2021 n. 22499 e n. 22537, ne sono una chiara dimostrazione.